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Siamo nel business di “Fare la Radio” o in quello di “Servire il Pubblico”? Se ci riconoscessimo sia pure con strumenti di base nella seconda visione, quella del marketing e dell’orientamento all’ascoltatore, non potremmo che constatare che il mondo della Radio non sta producendo al momento significative innovazioni e nemmeno nuove creazioni nei formati. La Radio è un fatto di relazione tra stazione e individuo in un mondo digitale sempre più ricco di intrattenimento e di informazione. Il tasso d’innovazione editoriale annuo della Radio non è ancora sufficiente.
C’è poi a mio avviso un rilevante equivoco, specie nei grandi gruppi. Si pensa all’innovazione come a qualcosa che deve essere connesso al digitale e a qualche angolo proprietario nel web. Ovviamente non escludo questo tipo di sviluppo. Siamo sicuri tuttavia che la nostra percezione di innovazione da parte degli individui, sia come industria che come singoli brand del broadcast, tragga vantaggio dal fatto che produciamo novità solo nel mondo IP? Quali conseguenze ci attendono dal non focalizzare l’innovazione sulle nostre emissioni in FM/DAB?
Formati Radio e innovazione in FM
Le grandi stazioni dovrebbero muovere se non trascinare l’intero settore nella competizione di tipo editoriale. Lo stato è invece di conservazione, della più rigida e ortodossa conservazione. Percepisco che si innestano elementi di “rimescolamento delle carte” ma non di “innovazione reale”. Schemi vecchi di clock studiati 30 e 20 anni fa (e lo asserisce chi li ha creati) sulle 2 più grandi Radio di flusso accolgono la conduzione di giovani non formati e non risolutivi. Offrono certamente freschezza ma non innovazione. E ci si affida pure al “Gioco delle Coppie”.
Le Radio “Dance Rhythmic” sono rimaste inchiodate all’idea del genere e del club e non, ad esempio, dell’atmosfera di amicizia e divertimento che dovrebbero generare. Nel formato del “Rock” abbiamo 2 stazioni nazionali differenti ma non così profondamente differenziate come sarebbe più utile a entrambe. E le altre a livello locale non ne approfittano. L’arena “Personality Radio” vive di palinsesti statici e senza novità. Con rischio di sbadiglio. La situazione anche degli altri formati del mezzo Radio non presenta sufficienti casi emblematici di innovazione.
Il motivo della stasi: #1, l’eccesso tecnologico
Tra i tre settori della attività Radio sotto la guida nelle stazioni da parte del Management, le aree Tecnica, Editoriale e Marketing Commerciale, non vi è alcun dubbio che vi siano squilibri. L’area Tecnica nell’emittenza Radiofonica ha una attenzione sproporzionata rispetto sia a quella Editoriale che a quella Marketing Commerciale. Le ragioni sono numerose ma non è questo il momento di ricostruirle. Sono attivi degli eccessi tecnologici. L’indispensabilità di operare in DAB ovunque possibile fuori dal proprio mercato di riferimento ne è un esempio.
Così, mentre si investe in nuovi avamposti tecnologici si rischia di non disporre di un prodotto editoriale all’altezza e anche di non rientrare dell’investimento non solo negli ascolti ma pure nei ricavi pubblicitari. Alcuni editori e i loro scudieri nella tecnica pensano che l’innovazione sia una corsa in cui è fondamentale arrivare primi e ovunque. L’innovazione è tale solo se riesce ad attraversare in modo efficace anche l’area editoriale e quella marketing commerciale. Si chiama innovazione solo se produce un effetto complessivo vincente e percepibile dall’ascoltatore.
Il motivo della stasi #2, la rarefazione del confronto
Sono della vecchia scuola. Tra responsabili dei 3 comparti ci si incontra almeno 1 volta ogni settimana, ci si confronta. E anche lo station manager, il responsabile editoriale, lavora assieme ai suoi responsabili di area almeno in una riunione giornaliera. Sempre fatta, tutti i giorni, al massimo 40 minuti. Oggi in nome della “farite”, della malattia del fare senza troppo pensare, si danno e si ricevono ordini e si lasciano agli operatori procedure da eseguire in sequenza. Tutto bene? Se ciò non è accompagnato da un costante confronto il sistema stazione non cresce.
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Il motivo della stasi #3, la sfiducia nella ricerca
Non so se lo scetticismo per la ricerca ufficiale ha un collegamento con quelle qualitative. Non abbinerei i 2 aspetti ma ho sentito non pochi editori e di non piccole emittenti che non solo evitano di investire ogni anno in ricerche ad hoc sui loro formati ma che ritengono che non si tratti di buoni investimenti. E credo che qui ci siano questioni di cultura professionale. In tutti i settori investire in ricerca è un dovere, spesso messo a budget come quota percentuale in base al totale dei ricavi. Noi Radiofonici pensiamo di avere tutte le risposte a tutte le domande?
Ahimè, si è un po’ superficiali nella ricerca per il miglioramento della propria offerta editoriale. Possiamo quindi ben immaginare quale sia il confine invalicabile rispetto ai concept test. Per cambiare magari alla radice il formato di una stazione Radio. A livello nazionale l’ultima start-up creata con la “ricerca dentro” è stata Virgin Radio. Le ultime nate secondo metodi evolutivi più spontanei ed empirici sono state RadioFreccia e Radio Zeta. Le differenze negli ascolti e anche nei fatturati sono giganti. Evidentemente ciò deve essere ancora considerato meglio.
Il motivo della stasi #4: l’isolamento dei commerciali
L’area Marketing & Sales non è quasi mai completamente connessa a quella tecnica e a quella editoriale. Peccato. A volte sono i management non molto illuminati che applicano paraocchi nell’idea da boomerang “Voi pensate solo a vendere”. Altre volte sono gli stessi commerciali che si proteggono creando corazze difensive. La funzione Marketing & Sales è centrale in tutte le riflessioni aziendali delle stazioni Radiofoniche. In particolare in quelle dell’innovazione. Non ho mai visto un bravo commerciale fermarsi sui numeri, spesso è il promotore di grandi novità.
Time-out di riflessione: la cultura “Target=Format”
L’obiettivo editoriale della Radio nel suo complesso è quello di servire al meglio possibile tutto lo spettro socio-demografico della popolazione. Per acquisire ulteriori quote di fruizione e di ascolto che comunque già la collocano come primo mezzo tra i 14 e i 54 anni (RadioCompass). Questa opportunità passa certamente per il miglioramento dei 4 motivi indicati che sono un po’ bloccanti a monte dei processi. D’altra parte è utile acquisire una maggior consapevolezza della forza della Radio nella sua equazione Target=Format che resta una chiave poco utilizzata.
Mi auguro di poter osservare e commentare con voi nei prossimi anni una mappa arricchita da nuovi formati a sancire una industria sana e crescente. E che comprende, nella competizione digitale, che servire il pubblico, tutto il pubblico, è un suo compito. E che comprende che c’è innovazione solo quando è l’ascoltatore o l’utente che lo percepisce. Quando gli ascoltatori penseranno che la Radio è un mezzo che innova ogni anno con nuove proposte vincenti anche in FM/DAB forse avremo messo al sicuro il futuro prossimo del nostro servizio al pubblico.
Photo Credit: iStock.com/Khosrork
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Buongiorno,
ho letto il Suo articolo con interesse.
Non sono un addetto ai lavori, sono un ascoltatore radiofonico, ormai con 40 anni di pratica quotidiana. Cerco sempre di ascoltare la radio non con stato passivo ma semmai cercando di cogliere la novità in una voce, in un intervento, in una stazione radio, ecc.
Faccio delle brevi considerazioni da non professionista, mi scuso per eventuali considerazioni di carattere strettamente personale:
1) i vari giovani di oggi che danno voce a molte radio, soprattutto nazionali, a mio parere, mancano di spontaneità e soprattutto di carattere distintivo. Fa fatica ad emergere, qualora ci fosse, il marchio che li contraddistingue, appaiono tutti uguali nel modo di parlare, nei contenuti trattati, ecc. Senza personalità, anonimi. Non è solo responsabilità loro, credo che gli editori e direttori facciano il grosso del danno, non selezionandoli artisticamente (Cecchetto era su un altro pianeta…..) e non lasciando che sia lo loro spontaneità a uscire fuori.
2) le radio nazionali (quelle classiche che leggiamo sempre nelle classifiche) sono ormai vittima delle loro stessa burocrazia aziendalistica. Non rischiano, non innovano, si copiano per rimanere allineate. Il risultato è un prodotto piatto che non dice nulla artisticamente ma a bilancio finanziario probabilmente è utile. Sicuramente è anche colpa dei tempi, ma non solo. Se gli editori/direttori non stanno al passo coi tempi veloci, con i gusti, se non stanno in strada a guardare la realtà….
3) diverse le radio locali, a mio giudizio, sono molto interessanti. Certi programmi locali, pur se non confezionati con i fiocchi, sono vere e proprie chicche di spontaneità e ricchezza, oltre ad essere molto meglio artisticamente di programmi nazionali. Penso a Radio Globo, che bellezza.
4) ancora oggi, una delle ultime rivoluzioni radiofoniche a target ‘giovane’, a livello nazionale, fu la progettazione di Station One. E parliamo di anni fa.
Mi farebbe piacere conoscere la Sua opinione.
Cordiali saluti.
Francesco
Caro Francesco, Station One è un mio progetto, cui ho tenuto molto, e quindi il tuo apprezzamento tocca il mio cuore. A parte questo aspetto, la tua analisi credo che collimi con la mia. Amiamo questo mezzo, che è straordinario, ma le sue stazioni devono offrire da subito la sensazione di grande miglioramento ai propri ascoltatori. E devono nascere formati anche nuovi al posto di intraprese paludate e non redditizie, sia sugli ascolti che sui ricavi. That’s it!